Eccoci di nuovo in Bosnia.
Proprio adesso che la neve si è sciolta e i migranti tornano a tentare di varcare il confine della Fortezza #Europa non c’è più il viavai frettoloso di solidarietà ne le sfilate di giornalisti e reporter. Eppure nulla è cambiato dai giorni in cui si gridava alla “catastrofe umanitaria”
Se un albero cade nel folto di una foresta dove nessuno può sentirlo, la sua caduta produce rumore?
È il periodo del game e quindi dei respingimenti, quando il Cantone di Una-Sana si trasforma in un andirivieni di sognatori in partenza (l’ennesima) e di sconfitti, di ritorno (l’ennesimo) da confini impermeabili, violenti e infami.
Abbiamo portato negli squat e nei campi informali sacchi a pelo, zaini e scarpe: quel che serve per affrontare ogni viaggio, quello che a ogni viaggio viene confiscato o distrutto dalla polizia di confine, assieme al denaro e ai telefonini. Nell’attraversare gli impervi sentieri di montagna, più sicuri quanto più insicuri – perché più isolati e meno presidiati – le persone in transito hanno con sé solo uno smartphone per tentare di orientarsi nella fitta vegetazione e provare a tenere traccia della propria posizione.
Oggi il caricatore per cellulari alimentato a energia solare, costruito dai migranti di Baobab Experience e’ arrivato in una delle jungle di Velika Kladusa, un accampamento di fortuna ai margini del bosco, dove centinaia di migranti si rifugiano tra un respingimento e l’altro. È senzadubbio il dono più bello da porgere: da migranti a migranti, da chi è dentro e continua a lottare a chi è fuori e lotta per entrare.
Per una solidarietà senza frontiere!
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