– “Quando hai lasciato casa?”
– “Due anni fa”
– “Quanto tempo sei rimasta intrappolata in Libia?”
– “Un anno”
A. ha 21 anni, è arrivata da sola al presidio di Baobab e stringe al petto un bambino di pochi mesi. La sottrazione è semplice, si compone e svolge automaticamente in testa. Non è la prima volta, non è l’ultima: impossibile anche solo immaginare cosa si possa provare a veder nascere e crescere una vita che è anche, simultaneamente, morte.
Donne e bambine che partoriscono figli di stupri sui pavimenti sporchi di lager libici; donne e bambine vittime di tratta; donne e bambine vittime di violenza sessuale, a volte lungo il viaggio, altre nei centri di detenzione legali e illegali in Libia; donne e bambine costrette a vendere il loro corpo da passeur e trafficanti; mutilazioni genitali di massa; padri e fratelli costretti ad abusare delle proprie figlie e sorelle, tutto questo ha autori e nomi ben precisi: Europa e Italia, Migration Pact e Memorandum Italia- Libia.
Non è vero che l’Europa “non voglia vedere” l’orrore che si compie in Libia. Al contrario, Europa e Italia vedono benissimo: semplicemente lasciano che quell’orrore si realizzi, lo accettano e lo favoriscono con politiche e azioni concrete. Tutto scientemente.
Oggi è la giornata contro la violenza sulle donne.
Oggi abbiamo pensato di ricordare chi siamo.
Foto credit: Renato Ferrantini
Piazza Montecitorio, 25 novembre 2020