No, l’Europa non è morta al confine greco-turco.
L’Europa è morta con la negazione della libertà di movimento, uccidendo il senso stesso, il significato primo e ultimo dell’edificazione europea.
E’ morta quando ha iniziato indiscriminatamente a pagare Libia, Turchia, Croazia per contenere, con ogni mezzo, i flussi migratori. È morta quando ha costruito lager ai bordi dell’Impero e quando ha scelto di finanziare forze dell’ordine e milizie armate per respingere e bloccare donne, uomini e bambini.
Mezzo miliardo di euro in due anni dall’Italia alla Libia, di cui 100 milioni provenienti da Bruxelles, 6 miliardi promessi a Erdoğan nel 2016, 130 milioni alla polizia di confine croata per il periodo 2014-2020.
L’Europa muore tutti i giorni sulle montagne bosniache, di cui nessuno parla; nelle prigioni formali e informali libiche e nel cimitero del Mediterraneo, di cui si parla sempre meno; davanti ai muri costruiti da Erdoğan, di cui improvvisamente si parla su un’ondata emotiva, tanto giusta quanto intempestiva.
Se l’obiettivo di Erdoğan era quello di richiamare l’attenzione sulle sue pretese, creando scompiglio, disordini e panico alle frontiere europee, c’è sicuramente riuscito.
Tutti gli occhi sono girati da quella parte a osservare con paura o sdegno l’effetto della bomba umana made in Turkey.
Come se il “liberi tutti” turco sia la causa e non l’effetto di annose politiche irresponsabili di un’Europa spezzata.
Speriamo che questo risveglio di coscienze ci spinga a girare sguardo e rivendicazioni verso Bruxelles.
Restiamo umani.
Sempre però. Tutti i giorni.