Lo conoscevamo da un anno e mezzo, dal primo maggio 2018.
Arrivò al campo di Piazzale Maslax insieme ad altre decine di esseri umani, ritrovatesi in strada dopo la chiusura del “piano freddo” comunale di via Ramazzini. Anime del purgatorio ricacciate all’inferno da una burocrazia cieca e sorda.
Italiani e stranieri, giovani e anziani, aggrediti da una ferocia fatta di carte e protocolli.
Si chiamava Mohamed Babker Elsheik.
Si mise con una tenda all’inizio di Piazzale Maslax. Era una delle prime persone che incontravi arrivando al presidio poco prima di cena. La mobilità non perfetta di un 62enne asmatico costretto a dormire sull’asfalto, non si allontanava mai molto dalla sua tenda, vicino alla casetta di legno -che faceva da magazzino- e al grande gazebo.
Quel pezzo di parcheggio abbandonato era diventato l’agorà del presidio: ci si incontrava provenienti da tanti posti diversi e si comunicava nei modi più improbabili.
Con “Zio Sudani” Mohamed era un po’ più facile, visto che parlava italiano. Ti ci confrontavi sulla situazione del presidio e sulla politica italiana, gli chiedevi della sua asma cercando di ricacciare il pensiero che da lì a poco sarebbe andato a stendersi, respirando a pochi metri dall’asfalto sotto una tenda di plastica.
Se quel pensiero avesse preso il sopravvento, non saresti stato in grado di reggere lo sguardo dei suoi occhi verdi ben aperti, mentre ti parlava.
Era lo stesso 62enne claudicante e dai pensieri profondi che un giorno trovammo a ballare in mezzo ad altri, preso dal ritmo della musica reggae che usciva da una cassa portatile.
Quando hanno sgomberato Piazzale Maslax, il 13 Novembre 2018, era già stato “ricollocato” da qualche giorno, nel centro di accoglienza del comune di via Assisi.
Aveva vissuto quell’ennesimo spostamento in maniera tranquilla, come di chi assiste all’ennesima replica di una farsa che ormai non lo tange più.
Voleva riprendere il controllo della sua vita, strapparla dalle mani di chi continuava a volerla deumanizzare, tornando a morire in Sudan, dove era nato.
“Come i vecchi elefanti che si allonatanano dagli altri”, ci diceva quando lo incontravamo in via Assisi.
Poi cambiava discorso: “Guarda che io sono passato pure stamattina passo sempre alla Stazione Tiburtina a salutarvi”
Una delle ultime volte lo abbiamo visto ad uno sportello per le pratiche per il rimpatrio assistito, voleva farlo davvero.
Zio Sudani è morto sei giorni fa, lo abbiamo saputo il giorno dopo.
Stiamo partecipando alle spese per il rimpatrio della salma in Sudan, affinché non siano più messi ostacoli alle sue scelte.
Per i prossimi tre giorni, le donazioni che raccoglieremo saranno destinate a questo scopo. Vorremmo arrivare a raccogliere almeno 1.000 euro: vi chiediamo di aiutarci.
Bonifico: IBAN: IT72Y0359901899050188533521 – BIC/SWIFT: CCRTIT2TXXX
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