Una barca si è rovesciata a poche miglia da#Lampedusa con 50 persone a bordo, le bare sfilano su mezzi da lavoro, come calcinacci, come macerie di civiltà.
13 sono i corpi senza vita recuperati: tutte donne, ventenni.
15 sarebbero le persone ancora disperse, tra cui 8 bambini, secondo le testimonianze dei superstiti.
28 sono gli Stati europei immobili o interessati ad altro.
Nel frattempo le condizioni del mare peggiorano, sulle ONG pesa ancora la scure dei decreti Salvini e la #OpenArms, che ha effettuato un salvataggio proprio ieri, è costretta ad attendere che le autorità maltesi le assegnino un porto sicuro.
Una tragedia, l’ennesima, che dimostra che la Libia va evacuata con la massima urgenza, che servono più imbarcazioni di salvataggio nel Mediterraneo, che la libertà di movimento va garantita sempre, anche attraverso corridoi umanitari: questo è necessario per strappare donne e uomini disperati dalle mani dei trafficanti, quegli stessi trafficanti con cui chi ci ha governato ha stretto contratti sulla vita e la morte di migliaia di persone.
Persone, non numeri.
Quando sosteniamo che le commemorazioni sono inutili e oltremodo dolorose quando niente cambia, questo intendiamo e ribadiamo: l’unica memoria che l’Europa pare avere ed esibire è retorica e pertanto complice.
Vorremmo davvero capire cosa intendesse il Premier Conte con la parola #discontinuità.
Foto di Tareke Brhane