Nuove barriere di cemento armato e una rete di oltre 3 metri. Questo è quello che oggi vedrete passando per il presidio di Piazzale Maslax.
Ci stanno chiudendo in gabbia, qualcosa a metà tra un campo di concentramento e una nuova frontiera. Ci stanno impedendo così di entrare con le auto, di portare agevolmente acqua e pasti, di effettuare assistenza sanitaria lontano dalla strada, di far entrare mezzi di soccorso, se necessario.
Lo stanno facendo senza comunicazioni ufficiali: i nostri unici interlocutori sono gli operai della ditta appaltatrice. Cosa accadrà una volta che anche l’ultimo piccolo accesso sarà sbarrato da un cancello elettrico? Saremo sotto sequestro? Saremo prigionieri? Nessuno, nemmeno Ferrovie dello Stato (proprietaria dello spazio in cui sorge il presidio umanitario informale) con cui in un primo momento avevamo instaurato un dialogo, è in grado di darci risposte.
Una prima risposta è forse quella che è uscita dal comitato per l’ordine e la sicurezza metropolitano, che si è riunito oggi. L’argomento al centro della riunione è stato “Scattare la fotografia della situazione dell’area della stazione Tiburtina sul fronte della sicurezza”.
A quanto pare, il delegato alla sicurezza della Sindaca di Roma, Marco Cardilli, oltre a scattare questa foto immaginaria ha anche rivendicato il fatto che il Comune abbia un “info-point” per i migranti alla stazione Tiburtina, mentre aggiornava il Prefetto sulla situazione.
Vorremmo fosse chiaro, di fronte a questo agire, che:
1) Non va scattata alcuna fotografia, ne abbiamo tante della nostra resistente quotidianità a definire un quadro d’azione. Vanno invece affrontati velocemente e con cognizione di causa i problemi generati dalla noncuranza e dall’abbandono da parte delle Istituzioni di persone che non dovrebbero stare in strada. Dovrebbero essere accolte in strutture specifiche che invece non rispondono alle loro responsabilità. Rimarchiamo le nostre continue chiamate alla SOS (Sala Operativa Sociale del Comune) a cui sempre più spesso seguono silenzi e rifiuti.
2) Non ci sorprende che nulla sia stato deciso e si continui a rimandare: sono tre anni che chiediamo una struttura degna della parola accoglienza e in cambio abbiamo ricevuto solo sgomberi senza soluzioni alternative. Un parcheggio abbandonato senza acqua e bagni. A qualcuno fa comodo così.
3) Il delegato alla sicurezza della Sindaca non ha nessun info-point alla stazione Tiburtina.
L’info-point siamo noi. Siamo noi che offriamo informazioni ai migranti per farli transitare il più velocemente possibile fuori dal campo (tempi titanici della burocrazia permettendo) verso il riconoscimento degli status di protezione che gli spettano per diritto. Siamo noi che informiamo sulla situazione al campo: la stampa, i cittadini, i migranti stessi, rispetto ai pericoli della vita in strada. Lo facciamo con il racconto diretto e disinteressato, non lo facciamo per lo scoop o per un avanzamento di carriera.
Lo facciamo perché a Roma c’è il vuoto in cui si cerca di annullare ogni diritto acquisito, ogni prospettiva futura di giustizia sociale.
Agli sciacalli che si aggirano intorno al presidio in questi giorni difficili, armati o meno di telecamere e microfoni, agli autoproclamati comitati di quartiere che millantano di rappresentarne gli abitanti (quegli stessi che ogni giorno invece ci tendono una mano) vorremmo ricordare che abbiamo cercato in ogni modo di compiere il nostro dovere di cittadini portando sostegno a chi non aveva nulla e che comunque sarebbe arrivato qui, tra edifici abbandonati e allo sfacelo, su questo pezzo di asfalto, confine estremo e dimenticato della città.
Vorremmo scriverlo a lettere cubitali su questa muraglia di cemento e acciaio: la sicurezza fatta di cancellate senza la tutela dei diritti degli ultimi NON è libertà, è apartheid.



Cara Sindaca, questo è per far contento il camerata Salvini o è una tua iniziativa?
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