Si è concluso domenica il nostro piccolo festival sui temi della migrazione, PENSARE MIGRANTE. E’ stata un’edizione ricca d’incontri e incredibilmente partecipata: mai come quest’anno abbiamo sentito la vicinanza della città al nostro operato e la curiosità e il desiderio di conoscere in modo più approfondito le buone ma anche le cattive pratiche di accoglienza in Italia. Persone di tutte le età ci hanno stretto in un abbraccio di cui avevamo davvero bisogno.
Abbiamo aperto venerdì la nostra tre giorni con 250 giovanissimi che sono venuti alla Città dell’Altra Economia da diversi istituti scolastici di Roma, per imparare giocando cosa significhi migrare e accogliere in Europa oggi. Conoscere direttamente senza filtri la realtà sui migranti, partecipando come cittadine e cittadini attivi, non come spettatori, alla vita dei confini militarizzati e della città.
Il vocio, l’entusiasmo, la curiosità e la generosità di questi ragazzi che si sono lanciati senza riserve nelle attività che abbiamo pensato per loro, sono il nostro orgoglio, la nostra gioia e la speranza in cui custodiamo il nostro futuro.
Un futuro assai difficile e incerto, con numeri sempre crescenti al presidio umanitario; siamo arrivati a 300 presenze al campo informale, con un lavoro immenso da fare, la mancanza di cibo e la necessità di portare sostegno di ogni genere. Tutto senza alcun aiuto da parte delle Istituzioni; indifferenti e ostili al nostro appello, sempre più partecipato però, per una città che accoglie secondo i principi di umana solidarietà da cui purtroppo chi ci governa sembra allontanarsi sempre di più.
Tantissime cittadine e cittadini sono passati a trovarci e si sono fermati per ascoltare la testimonianza diretta degli attivisti su come sia sempre più pericoloso offrire solidarietà e soccorso a chi affronta il viaggio dall’Africa e dal Medio Oriente verso l’Europa, del clima ostile fomentato da una stampa al servizio della paura invece che dell’informazione libera, della questione di genere che pesa con una doppia discriminazione su donne e migranti LGBTI, dello sport come pratica d’inclusione ma anche come rischio per molti minori, aspiranti atleti, che finiscono nella tratta dei baby calciatori.
Una riflessione lunga tre giorni ricca di contributi da parte delle Associazioni attive sul territorio, degli attivisti che non cedono un passo nonostante l’irrigidimento delle sanzioni verso chi aiuta. Abbiamo anche ascoltato tanta buona musica, mangiato cibi tipici di quattro continenti, scambiandoci impressioni, idee e possibili soluzioni alle difficoltà che incontriamo ogni giorno sul nostro cammino. La nostra tre giorni si chiude con un interrogativo, un finale aperto che è anche uno stimolo a continuare a nutrire i nostro impegno.
L’Italia di domani saprà pensare migrante da una prospettiva nuova? E’ quello che ci auguriamo per il bene di tutti.
L’immagine simbolo di questa nostra terza edizione era il profilo di un bambino su uno sfondo intricato di mappe, un ‘non luogo’ che stiamo cercando insieme e che ci ricorda quanto sia importante che gli adulti offrano un esempio positivo di partecipazione alla vita della città, senza pregiudizi e con la giusta dose di coraggio che ogni esperienza umana necessita per essere un’esperienza vera e costruttiva. In questo sentiamo nostre le parole di una grande educatrice di cui proprio ieri ricordavamo il valore: “Se v’è per l’umanità una speranza di salvezza, questo aiuto non potrà venire che dal bambino, perché in lui si costruisce l’uomo” Maria Montessori
Grazie agli studenti, ai docenti, agli attivisti, ai giornalisti, agli artisti e a tutti i cittadini che hanno accolto con questo inaspettato entusiasmo il nostro invito. Ci vediamo già da oggi in quel pezzetto di terra della solidarietà che è il nostro presidio umanitario dietro la Stazione Tiburtina, perché “Pensare Migrante” non è un esercizio di tre giorni, ma pratica quotidiana.
Alcuni momenti di PensareMigrante 2018







