“Non hai il permesso di soggiorno? Se vuoi essere curato devi pagare ed essere identificato dalla polizia”.
Siamo al Pronto Soccorso dell’ospedale San Giovanni di Roma, il medico ortopedico di turno manda un fax alla questura per denunciare la presenza di un migrante “irregolare” che necessitava di cure mediche essenziali. Il ragazzo, spaventato, rinuncia alle cure e lascia l’ospedale.
Di questo siamo stati testimoni ieri sera: un atto razzista e di abuso di potere, in un ospedale pubblico della Capitale d’Italia, quando abbiamo accompagnato un migrante bisognoso di cure sanitarie.
Il medico, che prontamente segnaleremo all’ordine e alla direzione sanitaria, in barba al giuramento di Ippocrate, al principio costituzionale sancito nell’art. 32, che tutela la salute come diritto fondamentale, ma soprattutto in violazione del “divieto di segnalazione” previsto dall’art. 35, al comma 5, del Dlgs. 286/98 che così recita:
“[…] 5. L’accesso alle strutture sanitarie da parte dello straniero non in regola con le norme sul soggiorno non può comportare alcun tipo di segnalazione all’autorità, salvo i casi in cui sia obbligatorio il referto, a parità di condizioni con il cittadino italiano.”,
ha impedito le cure ad un paziente perché straniero, perché privo di documenti, perché “povero diavolo” senza tutele.