No Nazi in my Town, Como oltre le frontiere

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Domani non potremo essere a Como per manifestare insieme alle studentesse, agli studenti e alla cittadinanza, ma ci sentiamo sempre molto vicini alle vicende della città e non solo perché molte volte, in questi ultimi due anni e mezzo, siamo stati lì presenti, ma anche perché Como è di tutti e tutte, è la città di frontiera dove arrivano i migranti e le migranti che hanno attraversato l’Italia, da sud a nord, che si sono fermati nelle città dove viviamo, con i quali abbiamo condiviso tempo e spazi.

Per questo Como non può essere lasciata sola né diventare per un solo giorno la passerella per manifestazioni elettorali da pare di quei politici che, una volta rientrati nei palazzi istituzionali, votano e mettono in atto politiche di persecuzione contro gli ultimi, senza distinzione sulla provenienza.

La volontà di marginalizzazione, non solo dei migranti ma anche dei volontari, che accomuna la realtà di Como come quella che viviamo noi di Baobab Experience a Roma, non nasce dal caso ma è il frutto di politiche pensate, progettate e messe in atto a vari livelli, anche dai partiti che poi si ritrovano ad organizzare manifestazioni estemporanee per scopi elettorali, come fatto dal PD con le leggi Minniti-Orlando.

L’allontanamento dei migranti dal parco di fronte la stazione di Como, così come i ripetuti sgomberi subiti dal presidio di Baobab Experience, rientrano esattamente in questa logica.
I migranti e i solidali sono stati nascosti dalla vista della cittadinanza, relegati nelle periferie della città (l’autosilos a Como e il parcheggio di Piazzale Maslax dietro la stazione Tiburtina a Roma), si è cercato di renderli invisibili e in questo modo di spezzare la cordata di solidarietà dal basso.

Si è voluto evitare che, attraverso una conoscenza quotidiana e spontanea, le persone si potessero incontrare; che cadessero ad uno ad uno i pregiudizi sul migrante “problema per l’ordine pubblico ed il decoro”; che ci si riconoscesse a prescindere dalle differenti provenienze.

E’ proprio in questo contesto che i fascismi trovano terreno fertile: per ogni spazio di solidarietà e di attivismo che si chiude, se ne lascia aperto un altro per la xenofobia ed il razzismo; per ogni provvedimento che criminalizza il migrante ed il povero, si presta il fianco a chi vuole strumentalizzare la guerra tra ultimi.

E attenzione perché il fascismo non si manifesta solo con le teste rasate ed i bomber dei naziskin ma assume nuove forme, istituzionali. Come le ordinanza messe in atto in questi ultimi giorni a Como: le multe per chi chiede le elemosina; i divieti di somministrare bevande calde ai senzatetto; l’installazione di recinzioni all’autosilo per impedire ai migranti di riparsi.

Allora è ovvio che se il fascismo assume nuove forme, nuove forme devono essere assunte per combatterlo ad ogni livello.
Ciò impone di potenziare la solidarietà là dove la vorrebbero distruggere; di rinconquistare ogni spazio che ci viene sottratto; di mettersi in prima linea in ogni luogo, soprattutto in quelli di periferia.
La resistenza al fascismo è una pratica quotidiana, non bisogna dimenticarlo mai, e oggi più che mai è legata alle condizioni dei migranti e alle politiche che si ripercuotono sulla loro pelle.
Oggi l’antifascismo si realizza creando nuovi modelli di convivenza e solidarietà, essendo testimoni diretti e raccontando quello che sta accadendo, opponendosi alle narrazioni tossiche che non raccontano la realtà ma mirano solo ad identificare il nemico nel migrante. Riappropriarsi degli spazi significa riappropriarsi delle pratiche, quindi la vicinanza ai migranti non può essere solo ideale o cognitiva. C’è bisogno di sporcarsi le mani, di stare fianco a fianco con loro; bisogna, come diceva Alessandro Leogrande, “farsi viaggiatori per decifrare i motivi che hanno spinto tanti a partire e tanti altri ad andare incontro alla morte. Sedersi per terra intorno a un fuoco e ascoltare le storie di chi ha voglia di raccontarle, come hanno fatto altri viaggiatori fin dalla notte dei tempi. Ascoltare dalla voce di chi ha oltrepassato i confini come essi sono fatti. Come sono fatte le città e i fiumi, le muraglie e i loro guardiani, le carceri e i loro custodi, gli eserciti e i loro generali, i predoni e i loro covi. Come sono fatti i compagni di viaggio, e perché – a un certo punto – li si chiama compagni”.

Dopo aver visto l’arroganza fascista dell’ultimo periodo, vogliamo impegnarci insieme, mettendoci in rete, condividendo pratiche e conoscenze, costruendo dal basso una rete di solidarietà e mutualismo che crei dei veri e proprio canali umanitari popolari, a tutela di tutte le persone che si vedono private della libertà di movimento. Per fare questo è necessario uno sforzo, bisogna “cercare e saper riconoscere chi e cosa, in mezzo all’inferno, non è inferno, e farlo durare, e dargli spazio”, affinché le nostre lotte per i diritti convergano e acquisiscano sempre più forza.

Questo percorso non può non passare da Como, dalla frontiera che “per molti è sinonimo di impazienza, per altri di terrore. Per altri ancora coincide con gli argini di un fortino che si vuole difendere. Tutti la mettono in cima alle altre parole, come se queste esistessero unicamente per sorreggere le frasi che delineano le sue fattezze. La frontiera corre sempre nel mezzo. Di qua c’è il mondo di prima. Di là c’è quello che deve ancora venire, e che forse non arriverà mai” (A.Leogrande)

20/12 -ORE 14:00 – No Nazi in My Town – Corteo Antifascista – Stazione di Como San Giovanni 

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